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EUTOPIA

 

Credo fermamente che sia molto più affascinante vivere un luogo che semplicemente visitarlo, perché per me essere una turista non è mai abbastanza. Non voglio rincorrere le attrazioni del posto, non voglio limitarmi a scattare fotografie. Voglio sedermi su una panchina ad ascoltare ciò che i passanti si dicono, passeggiare per le strade con la certezza di perdermi, stendermi su un prato ad osservare il cielo, ritrovarmi in un bar in mezzo a degli sconosciuti ad un appuntamento che non mi appartiene.

E mentre percorro il corridoio centrale dell'Arsenale, durante la sedicesima edizione della Biennale di Venezia, mi ritrovo nel padiglione dell'Albania a vivere una città in cui non mi sono mai trovata prima.

Vago in uno spazio libero da confini e percorsi prestabiliti e quasi mi sento in difficoltà perché non so da dove iniziare a girare. Inizio a perdermi e mi ritrovo in una delle tante strade della città. Mentre passo affianco ai caratteristici portoni colorati, noto che sono socchiusi e vedo altre persone passarci attraverso. Decido, allora, di imitarli. Immagino di star varcando la soglia di un negozio o di una casa e quasi mi aspetto di trovare qualcuno dall'altra parte. Sollevo lo sguardo e inizio a mettere a fuoco quella serie infinita di pixel sospesi che avevo notato da lontano. Sono tutte fotografie, sguardi sulla città, piccole storie di vita quotidiana che, insieme, si compongono fino a completare un puzzle. Mi ritrovo sommersa di colori, suoni e profumi. Tirana si presenta ai miei occhi in tutta la sua bellezza e apparente semplicità, in una sorta di danza in cui ordine e caos si rincorrono, a volte si scontrano, a volte si sfiorano senza mai toccarsi.

A questa danza partecipo anche io prima come turista, poi come cittadina, infine come "architetto" dello spazio. Mi muovo liberamente al piano terra di una città che è stata lentamente modificata dalla quotidianità e dal senso comune di chi la vive. Esattamente come sono io a decidere come fruire lo spazio in questo momento, gli abitanti di Tirana da anni continuano ad "aprire e chiudere portoni", annullando i confini tra privato e pubblico. Il "piano zero" in cui mi trovo è quello da cui riparte il disegno urbano della città, allontanandosi dall'originale e trasformandosi in un modello misurabile in scala più umana.

La Tirana che sto vivendo è un'Eutopia, letteralmente "un buon posto", un luogo che si fa visitare e conoscere. Essere un turista, qui, non può essere abbastanza.

ILDE –

 

HAPËSIRA ZERO SPACE, Padiglione Albania, Elton Koritari ©Ilde Manuela Paolucci for WMMQ

HAPËSIRA ZERO SPACE, Padiglione Albania, Elton Koritari - DETTAGLIO ©Ilde Manuela Paolucci for WMMQ

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