WOO_interview
Paolo FUSERO
"Identity” è il tema di questo numero di WOO. Il termine è riferito al contributo lasciato dai docenti che si sono susseguiti in questi anni nella nostra facoltà/dipartimento, delineandone così un'identità. Qual è oggi l'identità dei vostri rispettivi Dipartimenti e quali nuovi scenari potrebbero aprirsi d'ora in poi?
Uno dei principali obiettivi che mi sono posto quando ho deciso di candidarmi alla guida del Dipartimento di Architettura è stato proprio quello di dare identità al Dipartimento attraverso un progetto culturale multidisciplinare. Nella storia della Facoltà di Architettura di Pescara si possono individuare alcuni momenti importanti, come quello tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila, in cui la “Scuola di Pescara” ha rappresentato un punto di riferimento a livello nazionale. Oggi, anche a causa di una serie di riforme universitarie che hanno spostato l’attenzione sui nuovi assetti amministrativi, si sente più che mai l’esigenza di ritrovare quel senso di appartenenza alla “Comunità Scientifica” e di puntare verso obiettivi ambiziosi con il contributo di tutti: studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo.
Sempre maggiore è il numero di giovani che decidono di non intraprendere la carriera universitaria, scoraggiati dal periodo di crisi in cui viviamo. Cosa può offrire loro il Dipartimento di Architettura\InGeo e in che modo potrebbe ridurre le distanze con il mondo del lavoro?
Il periodo di crisi è evidente. Se guardiamo al sistema universitario italiano siamo passati da un finanziamento dello Stato di circa 7.5 miliardi di euro nel 2008, ai circa 6,5 miliardi del 2014. Una riduzione enorme che avrebbe messo in ginocchio qualsia azienda pubblica o privata! Il mercato edilizio è stagnate e i sintomi di una sua ripresa stentano a profilarsi all’orizzonte. Questo è lo scenario con cui ci dobbiamo confrontare. E’ scoraggiante…? No… al contrario, è stimolante! Dai periodi di crisi come questo si esce con la creatività, con la progettualità, facendo “sistema” con il territorio, creando innovazione. Stiamo attivando importanti rapporti con gli enti locali, stiamo rivedendo l’offerta formativa per dare risposte al mercato, stiamo riorganizzando le attività di tirocinio pensando anche ad iniziative per il placement post laurea. La crisi ci stimola a reagire con la forza delle idee… e a noi architetti le idee non sono mai mancate!
L'ultima riforma universitaria Italiana è stata quella dell'ex ministro Gelmini, entrata in vigore nel 2011. A distanza di quasi 3 anni dalla sua emanazione quali risultati, siano essi positivi o negativi, ha prodotto all'interno dell'università?
Negli ultimi quindici anni ci sono stati nell’Università italiana tre riforme strutturali. Ad un certo punto sembrava che ogni nuovo Ministro che si insediava sentisse la necessità di fare la “sua” riforma. Il problema è proprio questo: siamo da troppo tempo in uno stato permanente di rodaggio e stentiamo ad entrare a regime. La riforma Gelmini, in particolare, ha introdotto un’architettura istituzionale complessa e radicalmente differente dalle precedenti: ha eliminato le facoltà e ha aumentato le responsabilità dei Dipartimenti; ha costretto ad emanare un numero elevatissimo di nuovi regolamenti; ha introdotto le premesse per un sistema valutativo definito successivamente dal Ministero attraverso l’ANVUR (l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca) . In linea di principio molte cose (non tutte!) sono condivisibili, ma ci vuole tempo per poterle recepire e metabolizzare.
La carenza di fondi adeguati, porta le università a fare delle scelte, privandosi a volte di elementi fondamentali per il corretto svolgimento delle sue attività. Secondo voi cosa non dovrebbe mai mancare in un Dipartimento di Architettura\InGeo che invece qui manca e cosa avete intenzione di fare a tal proposito?
La riduzione dei finanziamenti al sistema universitario ha riguardato tutti gli aspetti del mondo accademico: didattica, ricerca, strutture, gestione ordinaria, etc. Ma è soprattutto la ricerca che ha dovuto pagare il conto più salato. All’inizio degli anni 2000 quando andava in pensione un professore ordinario potevano entrare due giovani ricercatori. Poi le varie leggi finanziarie, le spending review che si sono succedute in questi anni hanno ribaltato il rapporto: si è passati dal 1:1 dei primi anni duemila fino ad arrivare al triennio 2011-13 quando dovevano andare in pensioni 5 ordinari per poter fare entrare 1 giovane ricercatore! Ora le cose stanno lievemente migliorando, ma è evidente che questa mancanza di ossigeno, ha lasciato i segni sulle attività di ricerca e anche sulla didattica: il numero dei docenti è diminuito e spesso i corsi sono sovraffollati. Se parliamo invece di carenze specifiche della nostra sede di Pescara sicuramente c’è da migliorare le condizioni infrastrutturali: spazi riservati allo studio degli studenti, servizi di ausilio come un laboratorio per le stampe, una adeguata rete wifi, etc. Però va detto che l’amministrazione centrale si è molto operata per risolvere queste problematiche e a partire dall’anno nuovo, con l’apertura delle nuove aule, questo tipo di problemi dovrebbero trovare soluzione.
Tornando al tema delle "transizioni" sarebbe interessante sapere da lei: qual è la traccia che vorrebbe lasciare all’interno dei Dipartimenti alla fine del mandato da Direttore?
Ci sono 3 Keywords che rappresentano gli obiettivi prioritari che mi sono posto e che spero di poter raggiungere con l’aiuto di tutti:
1. Il concetto di Comunità scientifica: una comunità fatta di studenti, professori, personale tecnico-amministrativo, coinvolti emotivamente, orgogliosi di appartenere al nostro Dipartimento, che lavorano sodo per migliorare sue performance.
2. Un Progetto Culturale multidisciplinare, costruito in modo inclusivo che contribuisca a fare emergere una posizione scientifica riconoscibile del Dipartimento su alcune tematiche del dibattito disciplinare nazionale.
3. “Fare Sistema” con le forze attive sul territorio abruzzese: Regione, Comuni a cominciare da Pescara, operatori economici, associazioni, istituzioni, etc. Portare l’innovazione che è propria del sistema universitario al servizio del territorio per traguardare obiettivi di competitività che aprano nuove prospettive ai nostri laureati e che abbiano ricadute positive sulle comunità locali.
Vi chiederete se tutto ciò sia un sogno? Vi voglio rispondere con un pensiero di F. Hundertwasser che vorrei diventasse il motto del nostro Dipartimento: “Se uno sogna da solo è solo un sogno, ma se sono molti a sognare insieme allora è certamente l’inizio di una nuova realtà”.