top of page

WOO interview

G124

Lei è uno dei tutor del gruppo G124 creato dall'architetto senatore Renzo Piano per approfondire lo studio, provare a dare soluzioni, per lo sviluppo delle periferie e della città che sarà.  Quali sono le principali problematiche che s’incontrano in un lavoro di questo tipo e qual è il ruolo che hanno le periferie nella sua idea di città del futuro?

 

 

Massimo Alvisi

 

L'ostacolo più grande che si incontra a parlare e lavorare sulle periferie è il nostro retaggio culturale legato spesso all'idea che le periferie siano luoghi destinati inesorabilmente all'abbandono e al degrado, all'assenza sia fisica che cultuale di spazi fecondi. Ma chi abita in periferia non vive così o quanto meno non sempre così: ha un tessuto sociale fatto di piccole associazioni, scuole di frontiera, aperture e disponibilità inaspettatamente grandi sia da parte di chi le frequente sia di risorse fisiche. E soprattuto le periferie hanno una dimensione identitaria fortissima e unica.

È da questo che deve partire il nostro lavoro. Amplificare il lavoro che già si fa, coordinare i vari livelli di controllo da parte delle amministrazioni e mettere in luce la "bellezza" di cui parla Piano e renderla il punto di svolta semantico della stessa  parola "periferia".

Del resto non c'è dubbio che il futuro è in queste aree, perchè è qui che sarà più facile e anche interessante esprimere le nostre idee di architetto e urbanisti. Sono un campo ideale per rimarginare  il tessuto disordinato del territorio, ma soprattuto per dare lavoro a tanti giovani ragazzi in cerca di una possibilità.

Le periferie sono la nostra "terra di frontiera", il luogo della speranza e della ricerca e rappresentano la possibilità di risolvere definitivamente i conflitti di integrazione: la ricchezza etnica sarà il primo obbiettivo verso cui muoversi.

 

 

Mario Cucinella

 

Le problematiche che si incontrano su questo tema è che nessuno ascolta più nessuno. Il lavoro degli architetti che hanno lavorato su questo progetto di Renzo Piano hanno attuato una grande politica d’ascolto diventando degli psicologi che tentano di risolvere i problemi della gente dando una risposta creativa e concreta. È chiaro che l’ampiezza del problema delle periferie è talmente ampio che non è che c’è un’ unica soluzione. Nella città in cui viviamo bisogna fare piccoli passi, prendere un problema e risolvere quello! Il nostro lavoro è stato fatto per quello. Non una politica unificatoria delle perifierie. La città va avanti intanto la gente ci abita e le cose non avvengono. Andiamo a vedere dov’è il problema e andiamo a risolverlo. Le problematiche sono poi quelle le politiche di ascolto. Chi ci abita lo sa meglio di noi, non sono solo problemi di natura estetica ma culturale, manca il campo di calcio..manca il percorso, non c’è la scuola, non ci sono i giardini, non arriva l’autobus. Dei problemi se ne sono dimenticati un po’ tutti..io vedo questo come una grande possibilità per gli architetti, di poter mettere le mani dal punto di vista creativo e di ascolto sul patrimonio edilizio. A Catania c’è stato un grande coinvolgimento con le scuole con i cittadini ma nessuna limitazione per  l’aspetto creativo per l’architetto. Io spero che nel tempo ci sia un’unica città e riusciamo a togliere questa idea della periferia, una condizione non una separazione.

 

 

Maurizio Milan

 

Fondamentale è il rapporto che si instaura con le persone, scoprire le loro esigenze, le loro attese, e quindi capire realmente come trasformare i luoghi in cui vivono. In questo i bambini e gli anziani sono i più sinceri, vanno dritti al punto dicendoti le loro esigenze. Le seconde e le terze generazioni che vivono nelle periferie riconoscono che la periferia è il loro luogo di vita, sono in genere soddisfatti della qualità della vita in periferia, ma risentono comunque della mancanza di servizi e di punti di riferimento legati alla socializzazione. Alcune periferie, come appunto Borgata Vittoria a Torino, sono nate per ospitare l’immigrazione che ha alimentato lo sviluppo industriale negli anni ’60 – ’70, altre, come Librino a Catania, quartiere Zen a Palermo, Scampia e Ponticelli a Napoli, Corviale a Roma sono periferie inventate per dare risposta alla mancanza di alloggi popolari, retaggio della veccia Legge 167, ora abbiamo capito che sono stati creati dei mostri.

C’è un sillogismo su cui riflettere, voi siete giovani per ricordare che negli anni '60 e '70 i centri storici erano abbandonati e non valorizzati, in quel periodo il “vecchio” era vecchio, decadente e trascurato, non aveva lo stesso valore che gli si attribuisce oggi, pian piano gli edifici “vecchi” sono stati sistemati e hanno acquisito valore, lo spazio urbano ha conosciuto una nuova realtà, a dimensione d’uomo, è cambiata la qualità della vita; poi sono aumentati e migliorati i servizi.

Torino per ospitare le Olimpiadi invernali del 2006 è stata “adattata” per ricevere l’evento proponendo una città più efficiente, dinamica, aperta e funzionale anche con la riqualificazione dei quartieri degradati, affinando il sistema dei trasporti e della viabilità; è stata l’occasione per lasciare una città migliore. Chi vive nel centro storico ora ne trae beneficio.

Chi vive nelle periferie si deve appropriare di tutti gli spazi disponibili. Si deve consolidare la consapevolezza che anche in periferia esiste la bellezza, magari non si percepisce subito, ma può, deve, emergere. È questa la soluzione. Si devono fornire i servizi, non solo quelli di trasporto od infrastrutturali, devono esserci negozi, scuole che aprono ai residenti finito l’orario scolastico, luoghi dell’incontro e della socializzazione, spazi che possono anche ospitare eventi e mostre, spazi per il tempo libero. Nelle periferie si ritrovano aree inedificate, idealmente sono classificate verde di quartiere, nei fatti mai utilizzate o addirittura rese inagibili solo perché le pubbliche amministrazioni comunali non hanno le disponibilità economiche per sopportarne l’onere della manutenzione.

Gli abitanti della Periferia si devono impossessare del loro territorio ed arrivare dove le amministrazioni pubbliche non possono intervenire, creare un sistema virtuoso, che si faccia carico in modo intelligente e spontaneo e che interessi l’intera collettività.

Qui sorgono i problemi, la maggior difficoltà l’abbiamo vissuta nel confronto con la pubblica amministrazioni e nella loro azione di controllo, non propositiva. La fatica più grande è stata relazionarsi con le strutture amministrative e gli elucubranti adempimenti burocratici. Vige la regola che se non si trova alcun motivo per diniegare, allora e solo allora si potrà approvare, piuttosto che pensare ed affermare: vediamo come possiamo aiutarvi ed insieme combinare qualcosa di buono.La recente legge che andrà a finanziare gli interventi di miglioramento delle periferie potrà avviare, anzi come dice Renzo Piano, essere la “scintilla” che innesca nuove attività dove i giovani potranno organizzarsi con piccole imprese di servizi ed alimentare un sistema microeconomico per le Start-Up che opereranno inizialmente nel quartiere e più avanti saranno aziende di manutenzione e riferimento sia per il pubblico che per il privato.

Bisogna partire... il futuro è tutto in discesa!

 

 

bottom of page