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How will we live together?

Il mondo si risveglia dopo due anni di pandemia, anni in cui il tempo si è fermato, momenti vissuti in un limbo. La Biennale di Venezia apre nuovamente, dopo un anno di pausa a causa della pandemia, e riprende con un nuovo presidente: Roberto Ciccuto. 

Hashim Sarkis, architetto e professore libanese,  curatore della biennale di Venezia del 2021, si domanda “How will we live together?”. Questo è che da il via alla Diciassettesima Mostra Internazionale di Architettura di Venezia.

Il mondo sta cambiando, e ci si domanda sempre di più come vivremo nei prossimi anni, in relazione sia ai cambiamenti climatici, sia ad una nuova società e socialità, e soprattutto dopo una pandemia che ha sconvolto il modo di vivere di tutto il mondo.

Il percorso della Biennale è ricco di interpretazioni e suggestioni, ma allo stesso tempo lineare, sia nella mostra principale che nei Padiglioni Nazionali.

L’allestimento segue cinque scale di grandezza: l’individuo, le abitazioni, le comunità, il territorio e il pianeta.

L’Arsenale alla domanda che pone Sarkis risponde sviluppando tre macro tematiche: il rapporto con la natura, l’ausilio della scienza e il senso della comunità (che definisce sia un luogo fisico che un contesto sociale coeso). La prima sala è legata alla convivenza dell’uomo con altre intelligenze, in cui sono presenti delle installazioni in divenire di cui si immagina già la vita dopo la fine dell’evento.

Nella sala dedicata alle abitazioni sono proposti nuovi modi di abitare, in relazione  all’influenza che essi esercitano sul mondo, e sulla collettività. L’ultima parte è rivolta alle comunità e ad argomenti sociali e politici volti a sensibilizzare sulla fragilità del territorio, su una nuova sanità e una nuova tipologia di scuola.  

Il Padiglione Italia in Arsenale è a cura di Alessandro Melis. Il progetto parte da un riutilizzo del materiale di scarto derivante dalla Biennale di Arte del 2019, andandolo a reimpiegarlo per nuovi scopi, così da poter avere una seconda vita. L’obiettivo è porre in primo piano la questione del climate change, e sottolineare come in Italia la mutazione del clima stia mettendo a dura prova la resilienza del sistema agricolo e produttivo Nazionale. Lo scopo è anche quello di creare una nuova consapevolezza politica, sociale, ambientale, territoriale ed urbanistica. L’architettura non deve più relegarsi a quelle che sono le prerogative che la vedevano come una disciplina autonoma, bensì deve contribuire a dei mutamenti sociali ed ambientali che possano condurre ad un miglioramento della qualità di vita. Una constatazione che assume ancora più importanza in una città post-pandemica che ha portato alla luce tutti i limiti presenti all’interno delle nostre città.

Il Padiglione è suddiviso in due aree tematiche, la prima è incentrata su una riflessione sul tema della resilienza urbana in Italia e nel mondo, la seconda invece si concentra sulle prospettive future e sulla ricerca.

In questa situazione così disastrosa che ci circonda dove si pone l’architetto? Viene sottolineato ancora una volta nel corso di questa Biennale come l’architetto abbia il dovere di sapere come abbiamo abitato, e pensare a come abitiamo e a come abiteremo. 

– di Anna Di Matteo

Padiglione Centrale – Foto di ©N Marco Santomauro

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