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La mia città

 

Non ero mai stata a C, ci sono finita, per sbaglio, in un sabato di settembre. Ci sono arrivata attraverso paesaggi pregevoli e contrastanti, e attraverso un incrocio che non dovevo prendere. Nascosta al confine tra S e A, adagiata sulla foce del fiume S e con il monte P a incorniciare il paesaggio, C mi si presenta con colori, suoni e atmosfere del tutto particolari. E' quasi tutto fermo. Un'istantanea senza tempo sembra riprodurre ogni movimento a una velocità più lenta del reale. Non è difficile, in questo effetto di slow-motion, avvertire che qui si nasconde un luogo tanto semplice quanto straordinario.

Una persona mi aspetta, volutamente, nella parte bassa del colle, dove sono posizionati degli orti storici, in parte in piano e in parte su dei terrazzamenti, che introducono un sentiero. Li attraversiamo e poi iniziamo a salire lungo uno stretto e ripido camminamento.

I palazzi sono allineati, stretti, uno accanto all'altro. Non vi sono alberi. C'è calma. Non succede nulla. Continuo a camminare. Abito lo spazio, lo percorro, lo scopro. La stretta scalinata è una sorta di iniziazione ascensionale che mette a dura prova il fiato e le gambe, ma il colpo d'occhio, da lassù, domina il paesaggio, che appare di una bellezza struggente. Guardo i segni lasciati dall'uomo stratificati nello spazio e nel tempo. Segni umani che si sono interlacciati con l'ambiente e che sono storia e carattere. Non conosco questi spazi.  Ma è il mio spazio. E' la mia città.

 

Erica Scalcione.

 

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