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Linguaggio dei segni

 

 

 

Appare come una lastra bianca e piena di crepe. Se Alberto Burri avesse scritto un romanzo per raccontare la storia di un piccolo comune siciliano distrutto dal terremoto, sarebbe stato più facile per noi comprendere. Quello che utilizza invece è un linguaggio di segni, quel tipo di traccia che il cemento lascia in modo più incisivo e indelebile di una matita. Quel tipo di traccia che impariamo piano piano a decifrare nel nostro percorso di studi. Un linguaggio indubbiamente privilegiato. In fondo pensateci, chiunque potrebbe leggere un libro o risolvere un’operazione matematica, lettere e numeri, niente che non conosciamo già da bambini. Comprendere un’immagine o la planimetria di una città è da considerare una vera sfida. Il Cretto di Gibellina è un’imponente opera di arte contemporanea, all’apparenza semplice, ma che nasconde tra i suoi “segni” una vita intera. Siamo in grado di leggerne le strade, le abitazioni e ciò che non vediamo cresce nella nostra immaginazione. E’ quello che succede quando guardiamo la planimetria di una città. Quello che per gli altri è solo un disegno segue per noi un codice preciso: Il pieno, il vuoto, l’aggregazione di case in un centro storico, i palazzi dell’edilizia popolare, i trasporti, il verde; un intreccio infinito di storie, forse più difficili da leggere ma reali e infinite.

 

Chiara Sileno.

 

Gibellina dopo le scosse sismiche - Panorama Nord-Ovest ©Photo credit da www.poggiorealeantica.wordpress.com

Cretto di Burri ©Photo credit: Grand Voyage Italy

Cretto di Burri ©Photo credit: Michele Cannone/Flickr

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