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Una tacita collaborazione

 

L’architettura costruisce i luoghi vissuti dall’uomo e il cinema si lascia ispirare interpretando le visioni e i sogni delle diverse epoche, operando in una tacita collaborazione.

Condividendo questa prospettiva, a Pescara tra il 5 e il 9 maggio 2014, si è tenuto il primo Festival di Architettura e Cinema, promosso dal Dipartimento di Architettura di Pescara dell’Università “G. d’Annunzio” e diretto da Carlo Pozzi e Piergiacomo Bucciarelli.

L’evento diviso in quattro sezioni tematiche, ha coinvolto non solo gli studenti ma anche la cittadinanza, infatti, le locations sono state dislocate tra l’università e la città di Pescara.

Il CINELABORATORIO_Rapporto tra Architettura e Cinema", curato dal prof. Piergiacomo Bucciarelli, forniva mediante seminari e proiezioni le basi per poter guardare con occhi sapienti le film serali selezionati in "VIEW_Il film di Narrazione" introdotti dai professori Carlo Pozzi, Piergiacomo Bucciarelli, Claudio Varagnoli, Caterina Palestini e commentati da giovani scrittori, quali Cristina Mosca, Alessio Romano, Federica D’Amato che hanno raccontato il proprio lavoro e il rapporto con l'architettura nella sezione dedicata a loro, "AUTORI_Incontro con giovani scrittori".

Durante queste giornate si è lasciato spazio alla creatività e alla passione degli studenti e dei cineasti che grazie al concorso under 40, organizzato dallo studio LAB.A STUDIO, intitolato "SHORT_Corti d’Architettura: descrivi un'architettura poi raccontala" hanno potuto esprimere le loro riflessioni mediante visioni cinematografiche.

Il Festival si è concluso con la premiazione dei vincitori del concorso. Davide Di Fonzo, al primo posto con “Mammuth Architecture”, la quale capacità è stata riconosciuta per il video-denuncia di un complesso problema dell'architettura contemporanea, quello degli spazi abbandonati. Al secondo posto "Stadio Olimpico" di Riccardo Messino, al terzo "Mumi" di Bryan Ronzani e riconosciuto con una menzione speciale "Istante" di Marco Corona.

Con l'intento di evidenziare il rapporto tra architettura e cinema, WOO invita a guardare il film sequel de “Il cielo sopra Berlino”, “Così Lontano, Così Vicino” di Wim Wenders, co-regista del nuovo progetto, previsto per il 2015, “Cattedrali della cultura”.

Buona visione!


 

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Chi è Rem Koolhaas?

 

Il direttore della 14a Biennale di Architettura, che si terrà a Venezia dal 7.06 al 23.11, è uno dei massimi interpreti della teoria dell’architettura contemporanea, se non altro per la sua ingente produzione letteraria in tema architettonico. Una personalità molto eclettica, in perpetua oscillazione tra editoria, narrazione e progettazione di edifici.

Esordisce all’età di 19 anni come reporter di tematiche artistiche in “De Haagse Post”, quotidiano vicino alla destra liberale olandese, nel quale afferma a più riprese l’importanza «dell’accettazione intransigente della realtà» (1), della quale non bisogna fare una morale […] bisogna semplicemente coglierne le criticità e trarre da esse forza progettuale. Il suo approdo all’architettura si concretizza subito dopo aver  lavorato come sceneggiatore, e senza abbandonare la sua “idea letteraria” di progetto architettonico. Exodus, or the Voluntary prisoners of Architecture (1972) […] è la storia della popolazione londinese che si rinchiude volontariamente in una architettura assimilabile ad un macroggetto, un monumento continuo, all’interno del quale ogni uomo può soddisfare i propri desideri perversi, dettati dalla frenetica e mutevole contemporaneità; un “condensatore sociale” spazio ideal-fisico desunto dal Costruttivismo Sovietico, non una semplice architettura, uno «scenario provocatorio per quell’esperimento che è la vita moderna» (2).

[…] In risposta agli svariati input domandati dagli utenti scaturisce il carattere preminente dell’opera di Koolhaas, la tensione programmatica che si concretizza in progetti dai programmi e dalle spazialità complesse, dinamiche, in cui sono i collegamenti a farla da padrone: ascensori, rampe, scalinate, «una struttura che fa del processo la sua caratteristica peculiare» (3). Con l’opera “S,M,L,XL”, l’olandese sovverte nuovamente i canoni della letteratura architettonica attraverso un commistione, tanto meravigliosa quanto disarmonica, di proprie opere, vecchi scritti teorici e «un dizionario di voci improbabili» (4), tutto catalogato per dimensione e non per data o tipologia, «una presentazione di opere dissonante, grunge: uno spaccato della confusione e della molteplicità del mondo che essa aspira a rappresentare» (5).

La sua più fervida teorizzazione rimane però quella cui giunge nel 1994, “Bigness, ovvero il problema della grande dimensione”, tema già affrontato in “Delirious New York”, nella quale Koolhaas abbandona almeno in parte l’approccio concettuale-metaforico che aveva accompagnato sino a quel momento la sua dissertazione e affronta con maggiore interesse questioni spaziali e problemi statico-costruttivi. Attraverso 5 teoremi (massa critica, artificialità, lobotomia, al di là del bene e del male, fuck context)  viene descritta la Bigness, l’architettura portata all’estremo che muove dalla necessità di risolvere il problema dell’aumento demografico nella città metropolitana, l’architettura del terzo tipo, […] che impatta sul contesto entro cui si iscrive con la sua autorevolezza monumentale «per una sola questione di dimensioni […], indipendentemente dalla qualità» (6), e addirittura lo sconfessa.

 

1  Rem Koolhaas,

Manifesto Nulbeweging (Movimento Zero), De Haagse Post

2  Rem Koolhaas,

Exodus, or the Voluntary prisoners of Architecture, 1972

3  Rem Koolhaas,

Junkspace, Quodlibet, 2006

4  Marco Biraghi,

Storia dell’architettura contemporanea II, Piccola Biblioteca Einaudi, 2008

5  Marco Biraghi,

Storia dell’architettura contemporanea II, Piccola Biblioteca Einaudi, 2008

6  Rem Koolhaas,

Fine secolo innocente?, in Jaques Lucan, Oma, Rem Koolhaas.

Architetture 1970-1990, cit., p. 165

 

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